WEB MARKETING E TURISMO
1. WEB MARKETING E TURISMO. ASPETTI GENERALI
1.1 Introduzione. Dal web 1.0 al web 2.0
Nel marzo del 1989 Tim Berners-Lee presentò al suo referente al CERN (Centro Europeo Ricerca Nucleare) di Ginevra un documento intitolato “Information Management: A Proposal”, ovvero una breve presentazione di un progetto per realizzare un nuovo sistema in grado di gestire in maniera innovativa i contenuti della Rete. L’ideazione e lo sviluppo del nuovo progetto richiese circa 2 anni e ad agosto 1991, Tim Berners-Lee pubblicò un secondo documento dall’esplicativo titolo “World Wide Web: Summary”, un progetto organico per spiegare la visione e il funzionamento della nuova struttura del WWW. Nel corso degli anni l’idea di Berners-Lee dimostrò tutte le sue potenzialità, evolvendosi e rendendo il web un elemento sempre più pervasivo nelle nostre esistenze. Il 6 agosto 1991 venne così messo on-line su Internet il primo sito web, definendo il protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol) che permetteva la lettura ipertestuale dei testi, grazie a link di rimando da un testo a un altro. Inizialmente utilizzato solo dalla comunità scientifica, il 30 aprile 1993 il CERN decide di rendere pubblica la tecnologia alla base del web (Minetti, 2009).
Internet nasce dunque come luogo in cui pubblicare informazioni, una sorta di pagina scritta che dal cartaceo passa al web e si arricchisce di nuove possibilità e opportunità, come appunto gli ipertesti e le immagini. Siamo di fronte a quello che oggi viene definito web 1.0, ovvero una piattaforma tecnologica scarsamente interattiva utilizzata per lo più per pubblicare e rendere fruibile a un ampio numero di persone numerosi contenuti collegati tra loro.
Si afferma successivamente il concetto di web 2.0, una sorta di arricchimento di Internet che ha permesso una maggiore interattività, la condivisione dei contenuti e la socializzazione.
Il “2.0” non rappresenta qualcosa di nuovo ma piuttosto una più completa realizzazione del vero potenziale della piattaforma web (Tim O’ Relly, 2005).
Grazie all’implementazione della tecnologia nascono nuove modalità di utilizzo del web, tecnologie che segnano il fondamentale passaggio di Internet da luogo di pubblicazione a luogo di partecipazione e creazione di community.
1.2 Che cos’è il web 2.0
Il web 2.0 è stato innanzitutto definito in termini di reti sociali (network). La definizione maggiormente diffusa è quella fornita da Tim O'Relly, fondatore dell’omonima casa editrice americana e inventore del termine web 2.0:
“la rivoluzione commerciale nell’industria informatica provocata dalla trasformazione di internet a piattaforma e dal tentativo di comprendere le regole per avere successo con questa nuova piattaforma” (Tim O’ Relly., 2005).
Il concetto di web 2.0 ebbe inizio con una sessione di brainstorming. Durante una conferenza alla quale parteciparono il Vice Presidente di MediaLive International Dale Dougherty, Tim O’Relly sottolineò che lo scoppio della bolla dot-com nell’autunno del 2001 aveva segnato un punto di svolta per il web.
L’economia online, nonostante la disastrosa crisi, dimostrava di non essere totalmente crollata, visto che giornalmente nascevano nuove applicazioni e siti. Inoltre, le società che erano sopravvissute alla bolla delle dot-com sembravano avere alcuni elementi in comune, identificabili nelle caratteristiche del web 2.0 .
Le principali caratteristiche del web 2.0 possono essere accorpate in cinque concetti chiave, dopo aver distinto la parte superiore del “posizionamento” e quella inferiore delle “competenze”:
1. l’intelligenza collettiva e partecipativa
Una delle lezioni chiave dell’era di web 2.0 è che gli utenti aggiungono valore. Il web 2.0 è un web che è sempre più orientato verso servizi che permettono ai navigatori di contribuire a sviluppare, valutare, collaborare e distribuire contenuti e a personalizzare le applicazioni (Vickery, Wunsch-Vincent, 2007). La caratteristica chiave del web 2.0 è quella di ridisegnare la collaborazione e la condivisione di informazioni attraverso software sociali che rendono possibile la comunicazione tra persone. Gli utenti diventano quindi dei co-sviluppatori di prodotti e servizi, aggiungendo il loro sapere che, unito al contributo di altri utenti, diviene un’intelligenza collettiva, volta a creare qualcosa di nuovo o ad aggiungere valore e funzionalità a qualcosa di pre-esistente. Le informazioni, i dati e contenuti circolano così dall’esterno all’interno e viceversa, provocando una “perdita” di controllo a favore della cooperazione, dove ogni singolo testo o servizio può essere riutilizzato, modificato, aggiornato, commentato e valutato da qualsiasi persona e collegato e diffuso attraverso altri siti e persone, grazie alle strutture di link.
2. Network e forza dei legami laschi
Il sistema del web 2.0 è un network sociale ed è molto vicino alla quotidianità dell’esperienza, perché si tratta di reti di amicizie virtuali a connessione intermittente. I legami che regolano i network virtuali non sono assolutamente privi di regole sociali o casuali. Il web 2.0 non è composto solo da aggregati di nodi, i cosiddetti cluster, collegati esclusivamente al loro interno perché, se così fosse, non si potrebbe parlare di rete connessa, bensì di frammentazioni. Sarebbe un sistema chiuso al proprio interno, collegato ai cluster di appartenenza, limitato alla stessa cerchia relazionale, con accesso alle stesse notizie e alle stesse abitudini. La teoria di Granovetter (1998) spiega che la nascita di nuove relazioni è facilitata dalla presenza e dalla diffusione di legami laschi (e non deboli, come erroneamente tradotto in italiano), che si basano su scambi specialistici, su fiducia e reputazione. I legami laschi del web 2.0 hanno moltiplicato l’opportunità di accedere e co-produrre informazioni, fare nuove conoscenze, acquisire nuovi stili di consumo e allargare i propri orizzonti. Quando i fornitori di servizi dell’accoglienza possono personalizzare il servizio e interagiscono con i loro clienti, generano contenuti relazionali, in cui la flessibilità (dalla comprensione reciproca al mantenimento della relazione nel tempo) genera il mercato delle conversazioni, in cui i soggetti passano da una connessione all’altra e sviluppano capitale sociale che si rinnova e si accresce proprio perché è intermittente e basato sulla moltiplicazione dei rapporti e su fedeltà continuamente negoziate.
3. The long tail e il self-service (per approfondimenti si rimanda al capitolo 3)
Il web è popolato da persone dagli interessi più svariati che. Ciò si riflette nei numerosi siti di nicchia e specializzati in particolari argomenti che, nell’insieme di ogni piccolo apporto, formano la gran parte dei contenuti presenti su internet. All’interno di tali nicchie, si aggregano community altamente specializzate o altamente interessate agli argomenti trattati, pronte a collaborare e interagire pur di ottenere in cambio un prodotto o servizio personalizzato. Ci si trova così di fronte a utenti in grado di autoprodursi (self-service) servizi e prodotti, assemblando o modificando servizi e prodotti messi a disposizione da uno o più siti web specializzati. Questo aiuta a comprendere un altro principio chiave del web 2.0, l’innovazione nell’assemblaggio. Quando i componenti di base abbondano, si può creare valore aggiunto semplicemente assemblandoli in un modo nuovo o efficace, sfruttando l’intelligenza collettiva delle nicchie e degli “hobbisty”. Nasce così il concetto della lunga coda, che sarà oggetto dei capitoli successivi.
4. I dati
Uno dei vantaggi competitivi, che si può ottenere lavorando secondo le regole del web 2.0, è possedere una fonte di dati unica e difficile da ricreare, spesso direttamente fornita dagli utenti attivi e co-produttori. Le possibilità di interazione che il web offre permettono di conoscere e possedere i dati sul proprio target, facendo della conversazione peer to peer (paritaria) una delle caratteristiche chiave del web 2.0.
5. Il software prevale sul dispositivo
Il PC (Personal Computer) non è più l’unico dispositivo che consente l’accesso alle applicazioni internet e le applicazioni che sono limitate a un solo dispositivo hanno un valore inferiore rispetto a quelle che sono connesse. La multimedialità e la multicanalità del web richiedono la creazione di siti in grado di integrare servizi su dispositivi portatili, PC e server internet, soprattutto se si vogliono sviluppare servizi di Internet Mobile o di social network mobile (Tim O’ Relly, 2002).
1.3 Implicazioni manageriali del web 2.0
Con il web 2.0 è in atto un cambiamento profondo, sia per i turisti che per gli operatori del comparto. Un cambiamento descritto da Milano (2009), che introduce le implicazioni manageriali del web 2.0:
Il web 2.0 è sicuramente un fenomeno non facilmente descrivibile, forse sintetizzabile nella definizione di era del web interattivo. Difficile, d’altra parte, rappresentare qualcosa in continuo divenire. Più chiari e definiti sono, invece, i suoi pilastri ed è su alcuni di questi che occorre, a mio avviso, soffermarsi per capire il fenomeno, e tradurlo come opportunità nello specifico del turismo:
- · contenuti generati dagli utenti (UGC) visti come risorsa e non come minaccia,
- · il potere collettivo dei piccoli siti che costituiscono la lunga coda e aprono nuovi mercati,
- · sfruttamento dell’intelligenza collettiva,
- · approccio partecipativo (attraverso i blog e altri social network) e collaborativo (wiki),
- · accettazione della filosofia del beta perpetuo,
- · massima fiducia nel contributo degli utenti attraverso recensioni e giudizi. (Milano, 2009)
In presenza di un utente attivo e di una concorrenza sempre più globale, le tradizionali strategie promozionali, ricche di contenuti autocentrati e soggette a un controllo “autoritario”, perdono il loro appeal presso un pubblico abituato a conversare in modo aperto e paritario. Abbandonare il sito ufficiale per seguire la conversazione online attraverso i social media, approcciando una comunicazione conversazionale e personalizzata, è sicuramente un atteggiamento promozionale in linea con le caratteristiche del web 2.0 e del nuovo consumatore:
“nonostante la diffusione sempre più capillare di queste nuove impostazioni, forti resistenze ostacolano il cambiamento. La mia personale interpretazione è che si tratti di resistenze dovute non soltanto a un digital divide di tipo culturale e tecnologico, che in Italia effettivamente esiste e pesa, ma anche ad un atteggiamento di psicologica chiusura verso l’interazione e la comunicazione bidirezionale avvertita come potenzialmente destabilizzante per già precari equilibri economici. Il web 2.0 viene generalmente percepito, dal mondo aziendale, ancora come una minaccia e non come un’opportunità immensa di creare nuovi canali di comunicazione e nuovo valore per l’azienda stessa.” (Milano, 2009)
La base teorica sul web 2.0, fornita da Tim O’ Relly e l’interpretazione della Milano sono utili a definire le competenze necessarie per operare nel web 2.0:
- · abbandono del discorso autocentrato;
- · disponibilità e apertura alla conversazione paritaria ;
- · sfruttamento dell’intelligenza collettiva;
- · utilizzo di un approccio collaborativo e partecipativo, che richiede a monte fiducia verso i co-produttori;
- · conoscenza del proprio target;
- · attitudine alla personalizzazione;
- · gestione del coinvolgimento dell’utente e delle sue recensioni e commenti, finalizzato a monitorare la reputazione nei confronti di un’azienda o di una destinazione.
1.4 Verso il web 3.0
La recente comparsa del Web 3.0 nel vocabolario di internet suggerisce un cambiamento. Il termine etichetta molte tendenze che potrebbero preludere questo “nuovo” periodo, ma è stato per lo più collegato al Web Semantico. Lavorando da questa prospettiva, Bratt, CEO del Consorzio World Wide Web, ha sostenuto che dobbiamo “prepararci” a nuove modalità di integrazione e di approfondimento dei dati per ottenere informazioni mai avute prima.
Attualmente si parla di web 3.0 in termini assolutamente imprecisi perché si tratta dell’analisi di cambiamenti in corso e quindi non ancora assodati. In termini generali comunque, si definisce web 3.0 un web in cui vi è una forte interazione della componente semantica tra pagine web e software di interazione, come i motori di ricerca. Rudy Bandiera, blogger e docente dell’Università IUSVE, a Venezia e Verona, spiega che il Web 3.0 è la trasformazione del World Wide Web in un ambiente dove i documenti pubblicati sono associati ad informazioni e dati (metadati) che ne specificano il contesto semantico in un formato adatto all’interrogazione e l’interpretazione (es. tramite motori di ricerca) e, più in generale, all’elaborazione automatica. In pratica, un Web in cui le macchine non solo leggono, ma interpretano (http://www.rudybandiera.com/).
Le caratteristiche del web 3.0 maggiormente riconosciute sono:
· Trasformazione del web in un super-database ricco di informazioni per migliorare la ricerca agli utenti.
· Web Potenziato, termine nato per descrivere alcuni fenomeni, di ordine sociologico e tecnologico, che hanno portato il Web ad avere una capacità di influire sulla realtà, superiore a qualsiasi altro canale informativo.
· La realtà aumentata (per approfondimenti si rimanda al Capitolo 11.4): sovrapporre alla realtà percepita dall’essere umano, una realtà virtuale generata dal computer. La percezione del mondo dell’utilizzatore viene “aumentata” da oggetti virtuali che forniscono informazioni supplementari sull’ambiente reale
· Web 3D Uno spazio virtuale interattivo e tridimensionale, fruibile dal browser
Le dichiarazioni del CEO di Google, Eric Schmidt, fanno intravedere nuove prospettive per il web: “credo che il Web 3.0 sarà un’insieme di applicazioni che condivideranno numerose caratteristiche: le applicazioni saranno relativamente piccole, i dati saranno nel cloud, le applicazioni saranno veloci, personalizzabili e disponibili su molteplici dispositivi (PC, smartphone ecc.). Le applicazioni saranno distribuite in modo essenzialmente virale, attraverso i social network o email, non si andrà certo al negozio a comprarle. E’ un modello di applicazione molto diverso da quello di oggi. Le barriere di ingresso saranno molto basse, grazie anche alla nuova generazione di strumenti annunciati da Google e altre società” (http://www.roughtype.com/?p=839).
Il Web 3.0 si concretizza nella creazione di un linguaggio più ricco per i computer, che permette la comunicazione tra macchine attraverso il web per facilitare la funzione interpretativa che, ad oggi, viene svolta dalle persone, il che porterà l’automazione ad un livello successivo. Il web, visto dalla prospettiva semantica, ha attraversato diverse generazioni: il Web 1.0 le persone che comunicavano con le macchine; il Web 2.0 le persone che parlano tra loro utilizzando le macchine; il Web 3.0 le macchine che parlano tra loro fino ad arrivare ad un’ipotesi di evoluzione futura in cui il web si trasformerà in un’intelligenza artificiale.